IL PRETORE
   Visti:
     gli atti difensivi delle parti;
     il d.-l. 28 marzo 1996, n. 166;
     l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903;
     la sentenza n. 495 della Corte costituzionale;
     l' art. 11, comma 22, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
     la sentenza n. 240/1994 della Corte costituzionale;
     l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
     l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1;
     l'art. 1 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1;
     gli artt. 24, 25 e 134 della Costituzione;
   Ha pronunciato, dandone integrale lettura, la seguente ordinanza di
 rimessione alla Corte costituzionale  di  questioni  di  legittimita'
 costituzionale,  rilevate d'ufficio nella causa r.g. n. 7787/1995, in
 materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, promossa da Zanotti
 Angela, elettivamente domiciliata in Brescia presso l'avv.    Luciano
 Nardino,  il  quale  la  rappresenta  e difende in forza di procura a
 margine  del  ricorso,  ricorrente,  contro  l'I.N.P.S.  -   Istituto
 nazionale   della  previdenza  sociale,  in  persona  del  presidente
 pro-tempore, rappresentato e difeso dai  dott. procc. Oreste Manzi  e
 Alfonso Faienza, procuratori per mandati alle liti a rogito del dott.
 Lupo,  notaio  in  Roma,  con domicilio eletto nel proprio ufficio di
 avvocatura in Brescia, via Cefalonia n. 49, convenuto.
   Nelle more del giudizio, con il recentissimo d.-l. 28  marzo  1996,
 n.  166,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75, parte prima, del
 29 marzo 1996 ed in vigore dal 30 marzo 1996, e' stato modificato  il
 quadro  normativo  di riferimento e, poiche' l'art. 1 di tale decreto
 risulta  non  conforme  alla  Costituzione,  si  impone  il   rilievo
 d'ufficio  della  questione  di legittimita' che verra' nel prosieguo
 sviluppata.
   Prima deve essere chiarito che la presente  ordinanza  e  tutte  le
 innumerevoli  altre  che questo giudice dovra' emettere in ogni altra
 singola causa avente il medesimo oggetto e' solo una versione ridotta
 delle due precedenti emesse  in  data  1  aprile  1996,  nelle  cause
 promosse da Rossi Giacomina e Marchesini Antonia contro l'I.N.P.S., e
 trae  la sua stringente necessita' dall'impossibilita' di operare dei
 rinvii "tecnici" in attesa della decisione della Corte costituzionale
 sulle due citate rimessioni, visto che l'unico atto residuo  -  oltre
 quello  ineludibile  della  rimessione  alla  Corte  di  questioni di
 legittimita' costituzionale, qui posto in essere -  di  giurisdizione
 prevsito  dall'art.    3  del  decreto-legge  n.  166/1996  impone di
 dichiarare  d'ufficio  l'estinzione  di  tutti  i  processi  a  spese
 compensate,  senza  neppure  lo  spazio  per disporre la riunione dei
 processi.
   La  limitazione  della  presente ordinanza ad una sola questione di
 legittimita' costituzionale non significa in alcun modo che tutte  le
 altre  questioni  gia'  sollevate  non siano piu' ritenute fondate da
 questo giudice remittente, ma e' dettata dall'esigenza di rendere  il
 meno  gravoso  possibile  il  lavoro  degli uffici della cancelleria,
 nonche' da quella di ridurre al minimo i costi del materiale cartaceo
 e l'usura delle macchine (fotocopiatrici e stampanti) dell'ufficio.
   Come si e' gia' detto, il Governo ha emanato  il  decreto-legge  n.
 166  del  28 marzo 1996 - entrato in vigore il giorno 30 dello stesso
 mese e, dunque, applicabile alla presente  controversia  -  ove  sono
 dettate,  nell'art.  1, una serie di disposizioni dirette a risolvere
 in via definitiva, sia l'annoso problema della copertura  finanziaria
 necessaria  per il pagamento del "rimborso" delle somme maturate fino
 al 31 dicembre 1995 in favore degli  aventi  diritto  in  conseguenza
 dell'applicazione   delle  sentenze  della  Corte  costituzionale  n.
 495/1993  e  n.  240/1994,  sia  l'ancora  piu'  antico   contenzioso
 giurisdizionale  legato all'accertamento del diritto al calcolo delle
 pensioni di riversibilita'  nella  misura  del  60%  del  trattamento
 minimo  effettivamente  goduto  dal pensionato deceduto o che sarebbe
 spettato all'assicurato ed alla "cristallizzazione" delle pensioni  a
 decorrere  dal  1  ottobre  1983 nella misura erogata al 30 settembre
 1983, sui quali sono intervenute le due decisioni del  giudice  delle
 leggi sopra indicate.
   La  realta'  del  decreto-legge  pero'  non e' minimamente idonea a
 raggiungere gli scopi sperati, poiche' da luogo a numerosi  dubbi  di
 legittimita'   costituzionale,   tutti   traducibili   in   questioni
 rilevabili (e gia' rilevate, come si e' detto prima) d'ufficio.
   Tra le tante,  qui  ne  viene  sollevata  una  sola,  la  seguente:
 Questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, commi primo,
 secondo e terzo, del decreto-legge n. 166/1996 per  violazione  degli
 articoli 24, comma primo, e 25, comma primo, della Costituzione.
   In  primo  luogo  deve  essere  messo  in piena luce che mai si era
 verificato  nella  legislazione  italiana,  pur  tormentata   da   un
 eccessivamente   anomalo  ricorso  alla  decretazione  d'urgenza  del
 Governo, un caso si' palesemente evidente di abuso di potere da parte
 del potere esecutivo con  grave  violazione  delle  attribuzioni  del
 Parlamento (si vedano a tal proposito gli artt. 70, 72, 76, 77 e 136,
 secondo comma, della Costituzione) e dell'autorita' giudiziaria.
   Questa  autorita' giudiziaria non intende sollevare un conflitto di
 attribuzione con il potere esecutivo, nonostante  la  sussistenza  di
 fondate  ragioni  per  dar  vita a tale procedimento, poiche' ritiene
 eccessivo ed improprio il ricorso a tale lacerante rimedio giuridico,
 a fronte  della  ravvisata  possibilita'  di  pervenire  al  medesimo
 risultato  di  cancellare  dall'ordinamento  le parti illegittime del
 contestato decreto-legge mediante il  piu'  "normale"  e  fisiologico
 rilievo d'ufficio della presente questione di costituzionalita'.
   Il  Governo,  invero,  ha  emanato il decreto-legge n. 166/1996 per
 imporre una  specifica  soluzione  delle  numerosissime  controversie
 pendenti  in  primo  e secondo grado dinanzi ai giudici del lavoro di
 tutta Italia e dinanzi alla Corte di cassazione, soluzione che non si
 presenta pero' con i connotati della norma di legge, ma piuttosto con
 quelli tipici della sentenza del giudice ordinario, giacche' risponde
 alle domande formulate dai tanti ricorrenti con accoglimento di molte
 di esse, ma non di tutte  (poi  se  ne  parlera'  piu'  chiaramente),
 giungendo  addirittura ad imporre ai giudici competenti di dichiarare
 d'ufficio  l'estinzione  dei  processi,  con  la compensazione tra le
 parti delle spese di causa: una vera sentenza collettiva, dunque, non
 una norma di legge.
   Inoltre, con specifico riferimento al terzo comma dell'art.  1  del
 decreto-legge  n.  166/1996,  non  puo'  farsi  a meno di notare come
 disporre che (si riporta testualmente) "I giudizi pendenti alla  data
 di  entrata  in vigore del presente decreto-legge aventi a oggetto le
 questioni  di  cui  al  presente  articolo  sono  dichiarati  estinti
 d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti. I provvedimenti
 giudiziali   non   ancora  passati  in  giudicato  restano  privi  di
 effetto.", a fronte di una soluzione inidonea  a  definire  in  senso
 positivo  o  negativo  per tutti coloro che hanno una controversia in
 corso in sede  giudiziaria  -  in  via  solo  esemplificativa  e  non
 esaustiva,   infatti,  non  si  comprende  perche'  gli  accertamenti
 reddituali debbano essere spostati in sede amministrativa, quando  di
 certo  costituiscono  uno degli elementi da valutare per accogliere o
 respingere i ricorsi giudiziari, ne' si capisce  perche'  cio'  debba
 avvenire anche per la decadenza e la prescrizione, come non e' chiaro
 se  realmente  si  e'  voluto escludere il diritto degli eredi con la
 previsione degli aventi diritto di cui  al  secondo  comma  ("soli"),
 mentre  e'  certo  che,  esclusi  o  meno, agli eredi non puo' essere
 precluso di coltivare le azioni gia' proposte o  proponende  in  sede
 giurisdizionale   -   viola,  sia  l'art.  224,  primo  comma,  della
 Costituzione poiche' vieta agli interessati "di agire in giudizio per
 la tutela dei propri diritti", sia l'art. 25, primo  comma,  poiche',
 eliminando  la  giurisdizione,  distoglie gli odierni ed i potenziali
 ricorrenti dal giudice naturale precostituito per legge.
   Ulteriori motivazioni sulla  presente  questione  appaiono  davvero
 superflue.
   La  questione  non  e'  manifestamente  infondata  ed e' rilevante,
 poiche'   il   presente   giudizio   non   puo'   "essere    definito
 indipendentemente"  dalla  sua risoluzione: e' piu' che chiaro che la
 dichiarazione della illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2  e
 3  del decreto-legge n. 166/1996 avrebbe l'effetto di ripristinare la
 tutela giurisdizionale soppressa, restituendo nel contempo  a  questa
 autorita'  giudiziaria  competente  la  funzione  attribuitale  dalla
 Costituente  di  amministrare   la   giustizia   secondo   la   legge
 costituzionalmente vigente.